previsti dalla legge per garantire i servizi essenziali, oltre ad altri «pochi lavoratori, che possono contarsi su di una mano e che hanno voluto cogliere l’opportunità di mettersi in buona luce nei confronti dell’azienda» scrive Mauro Bruzzi dell’rsu.
La vertenza - prosegue - esce rafforzata dall’impegno dei lavoratori che hanno rinunciato ad una giornata di salario per ribadire la loro contrarietà.
Ora Cgil, Cisl e Uil, che partecipano al tavolo di relazione sindacale nazionale, devono farsi carico seriamente del problema di chiusura del reparto piacentino annunciato per i primi mesi del
nuovo anno.
La vicenda che ha portato alla sciopero prende le mosse il 28 ottobre quando Telecom Italia a un
incontro nazionale con Slc-Fistel-Uilcom comunicava la chiusura di 14 sedi territoriali riguardanti
240 lavoratori fra cui 14 di Piacenza.
«Il 5 novembre la scrivente - scrive Bruzzi - maggiormente rappresentativa sulla sede di Piacenza, avviava la procedura di raffreddamento prevista dalla legge per indire lo stato di agitazione dei lavoratori di Piacenza che si è conclusa in Prefettura a Piacenza il 24 novembre». E prosegue: «Le Rsu Emilia Romagna (l’unità produttiva è definita a livello regionale) prendendo atto della volontà dei lavoratori di Piacenza il 29 novembre iniziava l’iter previsto. Cigl-Cisl-Uil, titolari del confronto nazionale, ad oggi, non hanno apposto in modo ufficiale la loro contrarietà alla chiusura del reparto.
«Telecom Italia dichiara che la chiusura del reparto - scrive Bruzzi - diventa necessaria per sopperire alla carenza di tecnici da risolversi con la conversione del personale e che l’attività attualmente svolta da questi lavoratori sarà coperta dalla rete dei callcenter.
Nei fatti questo si tradurrà nella perdita di 14 posti di lavoro su Piacenza, oltre alla perdita professionale di un’attività che potrebbe essere implementata sia in termini di tecnologia che di personale ».
di Piacenza
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SABATO 19 DICEMBRE 2009