In effetti, come spiegato nell’interpello dal ministero, la legge vigente prevede che un contratto di part-time, anche se di tipo verticale, dovrebbe sempre contenere la puntuale indicazione delle fasce di orario entro le quali si svolge la prestazione di lavoro; tuttavia, un’interpretazione sistematica della legge fa si che l’obbligatorietà dell’indicazione delle fasce orarie di lavoro in ogni singolo giorno decada. Il motivo, secondo il ministero sta nella natura stessa del contratto part-time, così come concepito dal legislatore. Infatti, questo genere di contratto ha lo scopo di conciliare l’interesse del datore di lavoro, che vuole fruire di una prestazione lavorativa di durata limitata, e del lavoratore, che invece vuole offrire una prestazione ridotta, per esigenze familiari o di altro genere.
Per questo, l’indicazione di legge circa la precisa specificazione della collocazione temporale del part-time “deve intendersi finalizzata esclusivamente a garantire una individuazione preventiva, da parte del lavoratore, del tempo libero”; ma se, come nel contratto di part-time verticale, questa prestazione in termini di durata è parificata al tempo pieno, allora non c’è “alcun obbligo di legge di predeterminare la precisa collocazione del tempo di lavoro”. L’interpello è stato pubblicato sul sito web del Ministero del Lavoro il 20 febbraio scorso.