
In questo modo, il Contratto collettivo nazionale di lavoro continua ad essere strumento di programmazione della riduzione del potere d’acquisto delle retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori, con il superamento di fatto della titolarità negoziale delle categorie Tutto viene totalmente subordinato alle esigenze delle imprese, annullando l’autonomia del sindacato fino ad arrivare a descrivere un’architettura di controllo dei comportamenti dei lavoratori.
Si limita il diritto di sciopero in particolare per le aziende dei servizi pubblici locali e relativamente al secondo livello di contrattazione determinando l’insieme dei sindacati rappresentativi della maggioranza dei lavoratori che possono dichiarare sciopero e si impone il ricorso all’arbitrato.
Lo stesso richiamo a scrivere regole comuni per la rappresentanza entro tre mesi assume in questo quadro il sapore di ulteriori strette antidemocratiche per escludere i lavoratori e i sindacato di base dalle decisioni.
Il Ccnl diventa strumento per definire i confini della contrattazione aziendale affermando il principio della derogabilità in sedi aziendali o territoriali dei diritti e delle condizioni minime stabilite nei contratti. Derogabilità che diventa assoluta già a livello nazionale per tutti i lavoratori del pubblico impiego.
Gli aumenti retributivi possono essere soltanto variabili, legati alla redditività e alla produttività di ogni singola impresa.Si rilancia poi la politica degli affari comuni tra imprese e sindacati con il dilagare degli enti bilaterali con l’obiettivo di cancellare le conquiste e i diritti acquisiti.